Progettazione responsabile del packaging: un vantaggio verso il mercato, un vantaggio verso l’ambiente.

Nell’ambito dell’impegno di CJ verso la sostenibilità del packaging, uno degli asset più importanti è la progettazione dell’imballo ai fini del riciclo: secondo uno studio condotto da Doxa nei primi mesi del 2021, il 95% degli italiani è disposto a separare i componenti che costituiscono un pack, con percentuali variabili a seconda della facilità di separazione e del tempo necessario per dividere i materiali negli appositi contenitori della raccolta urbana. 

 

Se si considera come aspetto chiave di una buona economia circolare la qualità del materiale ottenuto dal riciclo dei rifiuti, è evidente come una buona progettazione e la scelta di materiali e finiture adeguate in fase produttiva, siano fondamentali per massimizzare l’efficienza del processo di riciclo stesso.

 

Progettazione e materiali impiegati infatti incidono direttamente sulla qualità finale del materiale ottenuto: un packaging ben progettato e non sovradimensionato, con trattamenti superficiali scelti in funzione della destinazione d’uso del pack e del loro impatto ambientale, possono fare la differenza tra un involucro riciclabile in classe A* ( con percentuali di recupero fino al 90%) ed uno riciclabile in classe C o inferiore (con recupero massimo al 60%)

 

Questo tipo di considerazioni va esteso anche a tutti quei materiali accessori che possono comporre un packaging: finestrature, maniglie, tappi e così via: più sarà facile separare i materiali, più è alta la probabilità di una corretta raccolta differenziata da parte dei consumatori, che saranno ancor più facilitati nel caso in cui sul packaging siano riportate correttamente le indicazioni di riciclo, secondo il D.lgs. 116/2020.

 

L’elemento impiegato più frequentemente da CJ oltre alla carta, è la plastica per le finestrature atte a mostrare il prodotto all’interno della confezione. Nella maggior parte dei casi, data la superficie ridotta di tali applicazioni, non è necessario separare i due elementi; sarà sufficiente conferire il pack all’interno della raccolta della carta, e al momento del riciclo la separazione avverrà meccanicamente, scartando la materia plastica non riciclabile.

 

Nel caso in cui la componente plastica del pack fosse tale da non essere trascurabile ai fini della raccolta differenziata, la separazione degli elementi spetterà ai consumatori. Per incentivare una progettazione che da un lato si muova verso un minore impiego di materie plastiche, e dall’altro spinga le aziende ad adottare criteri di progettazione responsabile, Aticelca (Associazione italiana tecnici cartari) è in procinto di introdurre un nuovo parametro di valutazione oltre allo standard Aticelca 501-2019 ® che verifica il grado di riciclabilità: uno standard con l’obiettivo di definire un metodo per misurare la separabilità dei componenti non cartari presenti negli imballaggi. 

 

Questa iniziativa nasce dall’esigenza di facilitare l’operazione di separazione ai cittadini, ed incrementare l’efficienza della raccolta differenziata in Italia (oggi all’81%), con l’obiettivo di raggiungere l’85% entro il 2035 come stabilito dall’Unione Europea.

 

Un’ulteriore occasione dunque per tutte quelle Aziende che effettuano delle scelte etiche importanti per diminuire l’impatto ambientale del proprio operato, ed al contempo – data la crescente propensione dei consumatori ad acquistare beni il cui packaging sia dichiaratamente eco-compatibile** – un vantaggio competitivo a scaffale. 

 

 

 

* secondo il metodo Aticelca 501-2019 ®.

**il 40% degli italiani sceglie a seconda delle indicazioni di sostenibilità riportate in confezione, il 55% di questi è disposto a pagare di più per avere un prodotto più sostenibile. Fonte: la Repubblica 21-2-2020.

 

 

 

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